Animali in pericolo

La plastica rappresenta uno dei principali problemi per l’ambiente, soprattutto per l’ecosistema marino in cui ogni anno vengono riversati tra i 10 e i 20 milioni di tonnellate di plastica che minacciano la sopravvivenza di moltissime specie. Pesci, tartarughe, delfini, balene e uccelli marini la ingeriscono o ne rimangono intrappolati, feriti e uccisi. Il WWF Italia evidenzia che almeno 116 specie animali che vivono nel Mediterraneo hanno ingerito plastica. 

Il 59% sono pesci come sardine, triglie, orate, merluzzi (molti dei quali finiscono anche sulle nostre tavole) mentre il restante 41% è rappresentato da altri animali marini come mammiferi, crostacei, molluschi, meduse, tartarughe e uccelli.

Di seguito gli animali maggiormente minacciati:

Capodoglio

(Physeter macrocephalus)

Grado di minaccia: MINACCIATA

Il capodoglio è il più grande tra i cetacei muniti di denti presente anche nei nostri mari. Si nutre di cefalopodi, in particolare di calamari, che caccia immergendosi anche a grandi profondità raggiungendo oltre 2500 m. È una specie minacciata di estinzione ed è inserita nella Lista Rossa della IUCN, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura. Una delle cause di mortalità è l’ingestione accidentale di plastica che viene scambiata per cibo. Nell’aprile del 2018 in Spagna è stato rinvenuto un maschio di capodoglio che nello stomaco aveva complessivamente 29 kg di rifiuti di plastica tra cui un enorme bidone, sacchi di rafia, buste, boe, corde, pezzi di rete e immondizia di ogni tipo.

Otaria della California

(Zalophus californianus)

Grado di minaccia: RISCHIO MINIMO

L’otaria della California vive principalmente sulla costa occidentale degli Stati Uniti e del Messico. È una specie che presenta dimorfismo sessuale, i maschi sono più grossi delle femmine e possono arrivare a pesare più di tre volte il peso delle loro compagne. Si nutre principalmente di pesci, crostacei e cefalopodi e ha una grande agilità nel nuoto riuscendo a raggiungerei 40 km orari. Caccia abitualmente tra i 25 e gli 80 m di profondità, ma è in grado di effettuare immersioni profonde fino a 400 m. Sebbene l’otaria della California non sia una specie a rischio di estinzione molti individui sono vittime dell’inquinamento da plastica. Oltre all’inquinamento delle acque, tra i pericoli per la specie ci sono le reti abbandonate, le lenze da pesca e tutto ciò che in qualche modo possa imprigionare parti del loro corpo come le pinne, la coda o il collo. Purtroppo le ferite causate spesso sono mortali.

Tartaruga comune

(Caretta caretta)

Grado di minaccia: MINACCIATA

La tartaruga comune è una delle sette specie di tartarughe marine esistenti al mondo ed è l’unica a nidificare sulle coste italiane. Si nutre di meduse, pesci, crostacei e molluschi. Durante la caccia viene spesso tratta in inganno dai rifiuti che galleggiano a differenti profondità che vengono scambiati per cibo. È così che i sacchetti di plastica finiscono nel suo stomaco al posto delle meduse portando spesso gli animali alla morte. Uno studio eseguito su oltre 560 tartarughe comuni che vivono nel Mediterraneo centrale ha mostrato la presenza di frammenti e resti di plastica nell’80% degli animali. Alcuni esemplari avevano ingerito fino a 170 frammenti. Le tartarughe marine sono rettili e pertanto respirano aria, un’altra causa di morte per questi animali è l’accidentale incontro con reti e altri sistemi di cattura che ne avviluppano le pinne, il carapace o il capo impedendone la risalita in superficie o ferendole gravemente in modo irreversibile.

Pinguino del Capo

(Spheniscus demersus)

Grado di minaccia: MINACCIATA

Delle diciotto specie di pinguini esistenti al mondo è l’unica africana e vive sulle coste della Namibia e del Sud Africa. Nonostante sia un uccello, il pinguino del Capo è inabile a volo e le sue ali sono adattate per essere usate come pinne. Si nutre di pesci pelagici come sardine, acciughe e aringhe che caccia compiendo numerose immersioni che possono avere una durata anche di due minuti. La popolazione ha subito dagli inizi del ‘900 una drastica riduzione, soprattutto a causa dell’impoverimento delle risorse trofiche portando la specie a rischiare l’estinzione. Altri fattori che incidono sulla sopravvivenza del pinguino del Capo sono gli sversamenti di petrolio e l’inquinamento da plastiche. Sebbene quest’ultimo non rappresenti la minaccia maggiore per questa specie, lo è per molti uccelli marini che muoiono soprattutto a causa dell’ingestione di oggetti di questo materiale. Si stima che il 90% degli uccelli marini abbia frammenti di plastica nello stomaco.